POSSESSION
L'APPARTAMENTO DEL DIAVOLO
In sala dal 28 LUGLIO 2021
Una famiglia si trasferisce a Madrid ma non sa che nella nuova casa ci sono delle presenze…
Madrid, 1976. Una famiglia – composta da Manolo e la compagna Candela, con i figli Pepe, Amparo e Rafael, oltre al nonno affetto da demenza senile – prende possesso di un grande appartamento in un vecchio condominio. Le aspettative della famiglia all’arrivo nella capitale sono molte e l’appartamento, benché un po’ vetusto e scricchiolante, sembra rispondere alle esigenze. Per far fronte alle spese, Manolo lavora per l’azienda dei trasporti, mentre Candela prende servizio in un grande magazzino. La diciassettenne Amparo aspira a lavorare per l’Iberia, mentre l’introverso Pepe cerca confusamente la sua strada e il piccolo Rafael pensa soprattutto a giocare. Amparo comincia però presto ad avvertire strane presenze in casa e Rafael, mentre è affidato alle sue cure, scompare misteriosamente nel nulla. Precipitata nel dramma, la famiglia cerca disperatamente il modo di uscirne.
Dopo il brillante esordio nel lungometraggio, in coppia con Caye Casas, con l’horror sarcastico e iconoclasta Matar a Dios, il regista catalano Albert Pintó, stavolta da solo, affronta un tema tra i più utilizzati nel cinema horror e cioè quello della casa infestata.
Lo fa in modo abile e con buona tecnica, ma senza l’inventiva che aveva caratterizzato il suo precedente film. Immersa in un clima cupo e opprimente, la vicenda presenta personaggi credibili e discretamente caratterizzati, alle prese con le problematiche quotidiane nelle quali si inseriscono, malauguratamente, quelle soprannaturali derivanti dall’appartamento infestato. I fatti misteriosi e inquietanti si moltiplicano in modo suggestivo con modalità talvolta di semplice originalità, come nel caso dei bigliettini che Pepe scambia con una sconosciuta attraverso i fili della biancheria.
La suspense è ben sostenuta e supportata da alcuni discreti colpi di scena, con qualche rimando citazionista, come il riferimento a Poltergeist nella scomparsa del bambino, preceduta da un televisore che si accende da solo per mostrare un programma molto particolare. Non manca l’utilizzo di jump scares e di altri trucchi ormai risaputi come il rapido passaggio di figure indistinte alle spalle degli ignari protagonisti, ma nell’insieme il film si mantiene interessante e ben condotto, sapendo sviluppare bene le varie sottotrame inerenti ai singoli personaggi, ciascuna con il suo elevato tasso di inquietudine.
La conflagrazione finale con la ponderosa spiegazione del torbido pregresso e delle conseguenti motivazioni alla base delle apparizioni spettrali tende un po’ alla ridondanza, al moralmente opinabile e all’ovvietà, compresa una breve deriva esorcistica, ma Pintó riesce a mantenere una discreta valenza spettacolare, anche se non evita la consueta sequela di sottofinali più o meno superflui. Molto buona la prova del cast, nel quale si mette in particolare evidenza Begoña Vargas, che riesce a tratteggiare con sensibilità il ritratto dell’adolescente Amparo, divisa tra le sue aspirazioni e un segreto che la preoccupa.