In sala solo il 20 APRILE 2023
Un adattamento cinematografico del romanzo “I tre moschettieri” di Alexander Dumas che introduce anche un nuovo personaggio: Hannibal basato sulla vera storia di Louis Anniaba, il primo moschettiere di colore della storia francese.
Il giovane D’Artagnan ambisce a diventare un moschettiere del re Luigi e si reca a Parigi per mettersi al servizio del capitano de Tréville. In viaggio incappa nel rapimento di una ragazza e rischia la vita per cercare di salvarla. Arrivato nella capitale, si rende conto di come sia facile litigare con i moschettieri ma soprattutto di quanto intrighi e corruzioni corrodano la nobiltà di Francia. Mentre i moschettieri sono fedeli al re, il cardinale Richelieu è disposto a tutto pur di screditarli e acquisire sempre più potere.
Con un budget cospicuo alle spalle – 70 milioni di euro – e un cast ragguardevole che raccoglie il meglio dello star system francese, I tre moschettieri: D’Artagnan si pone un obiettivo semplice nella sua audacia: rinverdire i fasti dell’eterno romanzo di Dumas, con aggiornamenti minimi alla contemporaneità, che non ne intacchino lo spirito.
Dopo decenni di cattive trasposizioni Martin Bourboulon ha l’umiltà di assecondare gli stilemi di un cinema classico e forse desueto, concentrandosi sulle sequenze di spada e di avventura e sulla credibilità di personaggi scolpiti a tuttotondo.
Vincent Cassel, Pio Marmaï e Romain Duris incarnano alla perfezione gli Athos, Porthos e Aramis della tradizione, seppur con qualche deviazione dal solco di Dumas (il Porthos odierno non disdegna la bisessualità), dove il giovane ed esuberante François Civil è un perfetto D’Artagnan alle prime armi. Le scene di seduzione, goffa e romantica, tra lui e Constance sono assai più che meri intervalli tra le sequenze d’azione e aiutano a conferire nuances allo spirito generale che innerva l’opera. Ma sono i comprimari a dare il loro meglio, con Louis Garrel e Vicky Krieps nei panni di Re e Regina e una straordinaria Eva Green a incarnare Milady e fare di lei una femme fatale da film noir, che uccide per conto di Richelieu ma sembra seguire un tornaconto personale. Sotto più di un aspetto la diva sembra rispolverare i fasti dell’indimenticabile Vesper di 007 – Casino Royale, irresistibile per fascino ma letale e senza scrupoli.
Forse la sola opposizione al cinema supereroistico odierno sta qui, nella classicità di un feuilleton ossequioso anche quando si prende delle libertà, che ha il merito di rendere evidente ogni centesimo di una ingente produzione senza mai inseguire trame cervellotiche e non lineari né voler trasformare in riflessioni esistenziali stile Marvel e DC quello che è e deve rimanere un intreccio da “cappa e spada”.